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Vito Lolli

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I FUOCHI INFANTILI

Eravamo del cielo

cangianti come nuvole

figli dell’aria e della luce.

Eravamo dell’ aria

del fragore dell’acqua corrente

e del silenzio dei monti,

dello sfarzo del bosco

e del canto dei fiori.

Eravamo del fulmine,

della potenza dell’istante

che arde e trasmuta.

Eravamo del sogno

immagini nelle correnti del tempo

aperte nel cuore della memoria.

Nel cielo e nella terra

eravamo senza essere;

nel silenzio della mente

eravamo cielo ed eravamo terra

ed eravamo l’orizzonte.

Ora

svegli in un sonno profondo

vediamo l’orizzonte tagliare il mondo

e mentre il cielo ci opprime

e la terra è terrore,

gridiamo il nostro essere morte

al vento che ride.

Votati alla morte

nome senza vita

giochiamo con gli occhi a terra

a fuochi infantili

e quando il gioco brucia i nostri piedi

alziamo gli occhi al cielo

per scagliare l’ultima torcia.

Un dio non vede e non conosce

il gelo di una luce morente:

la torcia volteggia

ma il cielo non l’accoglie

e sulla mano protesa dalla terra

ricade grave.

E non siamo più del cielo:

in una casa di parole mute

canto la malinconia alla finestra

mentre la nostalgia del silenzio

è ruggine d’agiata follia

che divora il tempo della chiave.

Si spengono i fuochi antichi

e spenta è l’eco delle grida del cuore

nella mente povera e stanca;

muto, il viandante si china al dolore dell’attesa.

Il vento dell’oblio lascia solo ceneri

vuoti gusci rotti per giochi infantili.

E spenti restano i fuochi antichi;

chino rimane il viandante

immobile

a contare le stelle.

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